image Genitori giù le mani da borsoni sportivi e zaini di vostro figlio image Wine Coaching – degustazione vini, storie e sport coaching

Anna Maria Mazzetti “Ho messo il silenziatore alle opinioni altrui” – INTERVISTA ESCLUSIVA

“Ho messo il silenziatore alle opinioni altrui”

Ho messo il silenziatore alle opinioni altrui. Ho iniziato a fregarmene. A credere in me stessa. A sentirmi “alta” come le altre. Posso farcela anche io.
Anna Maria Mazzetti – campionessa italiana Triathlon

Aver paura del giudizio altrui è tra i temi più gettonati dagli atleti. Si collega con l’ansia da prestazione e del risultato.  I giovani atleti devono farci i conti subito. Non sono allenati e strutturati per reggere tali tipi di pressioni. Non lo sono perché neanche l’ambiente che li circonda è consapevole oggi di dover cambiare l’approccio all’allenamento a partire dalla comunicazione. Soprattutto ancora si è lontani dal ricordarsi che dietro ogni atleta prima di tutto c’è una persona con la sua storia personale. Privi di questa struttura, di consapevolezza sulle proprie capacità opportunamente divise dai risultati conseguiti, tanti atleti crescendo si trovano ad affrontare difficoltà inaspettate. Ed è qui che ci si dimentica della persona.

Si tende a restare concentrati sull’atleta e la sua performance. Tutto misurato solo dai risultati.  Eppure entrambi i “ruoli”, atleta-persona,  sono strettamente collegati, come spiega benissimo l’olimpionico di tiro a segno Nicolò Campriani nel suo libro Ricordati di dimenticare la paura  dove si sofferma su una domanda: Cosa fa di un atleta un uomo felice? (clicca sul link per leggere il mio articolo)

La storia che sto per raccontarti di Anna Maria Mazzetti, tra le più forti atlete italiane nel triathlon, mi permette di aggiungere ulteriori tasselli a questo argomento con l’augurio di far nascere degli spunti di riflessione.

Ecco alcuni dei  temi trattati:

  • La passione
  • Il prima e dopo le Olimpiadi
  • La crisi sportiva
  • Il giudizio altrui
  • I segnali del corpo
  • Il fallimento
  • La ripresa e una nuova consapevolezza
  • il supporto del Mental Coach
  • Come vivere la gara: l’approccio mentale
L’inizio

Come sempre accade in queste situazioni,  Anna Maria comincia un po’ per caso all’età di 8 anni. Un’amica le chiede se avesse voglia di praticare atletica con lei al centro sportivo del paese. Non se la sentiva di andarci da sola. La futura campionessa italiana accetta e si appassiona subito alla corsa. Coincidenza la società aveva appena iniziato l’attività trasformandosi da squadra di atletica a squadra di triathlon  uno sport multidisciplinare che, oltre la corsa, comprende il nuoto e la bici.  Oltretutto senza avere le strutture: ne piscina, ne pista d’atletica. Ad Anna piace molto l’idea di coniugare tre sport differenti. Ed è così che comincia la sua avventura sportiva che la porterà a vincere 4 titoli italiani assoluti, svariati titoli  nella specialità sprinter e anche un oro agli europei con la staffetta.

Saranno però le due esperienze olimpiche, la prima a Londra 2012 e la seconda a Rio 2016, a segnare un cambiamento importante nella sua vita sia come atleta, sia come persona. Esperienze che le permetteranno di cambiare approccio mentale alle gare vivendole con la giusta tensione. Senza quelli eccessi che oggi distruggono mentalmente gli atleti ancor prima di cominciare privandoli di quel divertimento essenziale per la prestazione finale e che la maggior parte sembra aver dimenticato chiuso in un cassetto.

C’è una disciplina che prediligi rispetto alle altre?

«La corsa è la mia preferita perché mi fa sentire libera. Poi il nuoto e non lo trovo neanche noioso l’allenamento, come la maggior parte delle persone pensano. Dipende da come il programma è strutturato. Invece la bici proprio non mi fa impazzire. Mi mette ansia. Troppe variabili fuori dal mio controllo: guasti meccanici, forature. Il giorno in cui smetterò con l’agonismo di sicuro continuerò a correre e a nuotare, ma la bici l’appendo al chiodo.»

Cosa ti ha insegnato il triathlon?

«Ad apprezzare i viaggi. Da piccola non mi piaceva affatto. Poi ho scoperto quanto sia bello visitare posti nuovi, incontrare culture diverse, conoscere tante persone. Viaggiare ti apre la mente se sei curioso di imparare. Penso che siano soldi ben spesi. Dopo i Giochi Olimpici di Londra 2012 avendo bisogno di nuovi stimoli e ed essendo venuta a conoscenza dell’ esistenza di gruppi di lavoro internazionale ho deciso di provare questa avventura a mie spese.

Sono stata la prima italiana che è andata all’estero per questo tipo di esperienza. Mi sono data la possibilità di confrontarmi con altre realtà. Ho arricchito il mio bagaglio di esperienze sia in termini tecnici, sia umani.»

Hai partecipato a due edizioni dei Giochi Olimpici: Londra 2012 e la più recente Rio 2016. Ci sono state delle differenze?

«La prima me la sono proprio goduta. Non c’erano particolari pressioni. Nessuno, me compresa, si aspettava molto. Il triathlon in Italia è ancora uno sport relativamente giovane rispetto a paesi come Gran Bretagna e Australia: due tra le nazioni più forti al mondo in campo femminile. In quest’occasione sono arrivata 46 in classifica con anche una caduta in bici.

La seconda invece è stata un disastro. Rispetto a Londra arrivavo a questa Olimpiade con un carico di tensione accumulata nel tempo a causa anche del ritardo con cui sono venuta a conoscenza della mia partecipazione.

Nel triathlon funziona un po’ come nel tennis: esiste un ranking internazionale da rispettare. La lunga attesa mi ha messo alla dura prova mentalmente. Non avevo ancora gli strumenti per gestire la situazione al meglio. A Rio sapevo di non poter ambire alla medaglia. In ogni caso arrivare tra le prime dieci era alla mia portata. Invece sono arrivata ventinovesima.

L’ho vissuta male. Con molta pressione sul risultato. Per cui non sono riuscita a esprimere quello che potevo.E al ritorno è stata dura ricominciare. Mi è venuta questo senso di nausea per lo sport. Perché lo vivevo male.

Lo vivevo troppo per il risultato e poco per me.»

La crisi sportiva post olimpiade

Come hai fatto a superare questo periodo?

«Prima di tutto grazie alle persone che mi sono state vicino come la mia famiglia e il mio fidanzato Massimo, allenatore di nuoto che, fino a poco tempo fa, mi ha seguito in questa specialità. Lui ha un approccio molto positivo e costruttivo su questi argomenti. Infatti è stato molto amato anche dai suoi giovani allievi a prescindere dalla bravura tecnica che sono capaci di esprimere, erano motivati ad allenarsi bene.

Il suo punto di forza è stato riuscire a passare dal ruolo di allenatore a fidanzato in maniera netta senza nessuna ripercussione su entrambe le relazioni. Quando faticavo durante gli allenamenti per problemi di testa e mi rimproverava, aveva ragione. Sempre. Riusciva a capire cosa mi stava succedendo e a spronarmi. Poi però finito l’allenamento, basta. Lui era tranquillo con me. Purtroppo adesso non mi può più seguire come prima perché ha smesso di allenare. Ma nella parte iniziale è stato fondamentale.»

Non sei la sola. Tanti atleti, soprattutto giovani, vivono questi periodi dove in mancanza di risultati, se non hai le persone giuste accanto pronte a supportarti, rischiano di restare bloccati per anni. Da cosa dipende ?

«Non lo so. Immagino sia un problema di cultura nel saper gestire queste situazioni. Parlo a livello di chi dovrebbe insegnarti ad accettare anche i risultati poco brillanti. Io questo l’ho imparato grazie al mio fidanzato. È stato bravissimo. E poi mi ha aiutato tanto intraprendere un percorso con una mental coach

Il percorso con il Mental Coach

Quale beneficio hai avuto lavorando con la collega?

«Mi ha cambiato la vita. Mi ha fatto vedere le cose da tutta un’altra prospettiva. Io mi vedevo solo come un’atleta. Lottavo tra le cose che un’atleta deve fare e quelle da non fare. Invece non è così. Sono una persona su varie dimensioni. Tutte le dimensioni devono essere ben collegate tra di loro altrimenti la parte dell’atleta ne risente.

È stato faticoso. Ho versato tante lacrime ma mi ha dato tante soddisfazioni.

Ora sono molto contenta e consapevole dei miei mezzi. Non sopporto le frasi fatte del tipo che risolvi l’ansia in pochi minuti. Trovo siano fuorvianti perché non è così.

Dietro c’è tutto un lavoro di allenamento mentale consapevole che poi ti porta a saper gestire il livello d’ansia.

C’è stato un momento in cui pensavo solo alle brutte esperienze. Tutto era diventato faticoso. In alcuni momenti ho anche valutato la possibilità di smettere. Non mi divertivo più. Sapevo quanto fosse importante non mollare. Non avrei mai potuto lasciare la disciplina che amo in questo stato. Mi sarebbe rimasto un ricordo negativo per tutta la vita e dopo tutto quello che mi ha dato, non era giusto.

In quel periodo l’unica cosa che desideravo era tornare al periodo in cui da bambina, tutto era più semplice, divertente e andavo in gara “leggera di testa”. In questo momento ci sto riuscendo e sono contenta.»

La svolta

 A un certo punto ti sono venuti questi pensieri negativi. Come hai capito che la soluzione stava nel ritornare “bambina”?

«L’ho capito quando sono stata un mese ferma per problemi di salute alla tiroide. Ho avuto problemi anche con il ciclo. L’allenamento, soprattutto il primo del mattino, mi metteva ansia. Cercavo qualsiasi scusa per non alzarmi: mal di testa, raffreddori. La notte non riposavo bene. Facevo fatica. Ero arrivata al punto dove anche la gara più banale mi metteva agitazione. Ero concentrata sul risultato e non accettavo la sconfitta.

Mi chiedevo perché ero ancora dalla parte dell’attrice e non ancora  spettatrice/allenatrice.

Stare male fisicamente mi ha aiutato a fermarmi e a riflettere su cosa non stava andando. Mi sono detta che la salute è importante e sicuramente c’era qualcosa che non andava. Mi ha aiutato tanto. Pensavo: Forse il corpo mi sta dicendo qualcosa. Forse mi devo prendere una pausa. Così non potevo andare più avanti.

Le persone pensano sia un fallimento fermarsi. Invece alle volte è necessario per fare chiarezza su ciò che si vuole e sulle scelte da intraprendere.

Invece ora ho messo il silenziatore alle opinioni altrui. Ho iniziato a fregarmene. A credere in me stessa. A sentirmi “alta” come le altre. Posso farcela anche io.»

Il ritorno della fiamma

Anna Maria entra in una profonda crisi non solo sportiva. Fatica persino a fare una passeggiata in centro paese. Poi, poco alla volta, riprende a correre. Piccole corsette. Niente di impegnativo. Inizia anche a nuotare senza seguire un programma specifico. Si concentra solo sull’ascolto del corpo. Impara a comunicare con lui e a prendere decisioni  dando priorità alla salute.

Quando hai capito che eri pronta a riprendere gli allenamenti?

«In quel periodo sono anche andata nella mia vecchia società per dare un supporto ed allenare i ragazzini. È stata un’esperienza che mi ha aiutata molto. A un certo punto ha ripreso vita la fiammella dentro di me e ho deciso di continuare. In questo mi sento di ringraziare anche il responsabile del gruppo sportivo delle Fiamme Oro perché ha compreso la mia difficoltà e non mi ha fatto pressioni. Hanno aspettato il tempo necessario per farmi recuperare. È questo mi ha dato tanta serenità. Alla fine tutto si è risolto nel giro di un paio di mesi.»

Come approcci adesso gara, suddivisa in tre discipline?

«Focalizzata sul presente, suddividendo la gara in segmenti. Ad esempio: Prima penso alla partenza, poi al giro di boa, alla transizione. Se non lo fai, rischi che la mente faccia partire un film sulla gara, distraendoti e rubandoti preziose energie.

Se invece resti concentrato su quello che stai facendo, sei pronto a reagire alle difficoltà che incontri.»

In caso di difficoltà cosa fai?

«Cerco sempre volgere la frase al positivo. Per un periodo ho avuto paura di affrontare le curve con la bici e mi dicevo: o mio dio non ce la posso fare. Ero sempre negativa e concentrata su ciò che avrebbero potuto pensare gli altri. Invece ho cominciato a fregarmene.  A credere in me stessa e a dirmi che potevo farcela.

Mi sono allenata a lasciare andare via gli errori. Ad esempio: Ok ho sbagliato questa curva. La prossima la farò meglio.

Fatto l’errore il mio approccio adesso è domandarmi cosa posso fare per rimediare.»

Hai un sogno?

«Più di uno. Quello più importante in assoluto è diventare mamma non appena concluderò la mia carriera. A livello sportivo riuscire a partecipare alla terza Olimpiade, a Tokio 2020, stavolta con l’intento di vivermela al meglio sia emotivamente sia dal punto di vista del risultato. Sono consapevole quanto sia difficile aspirare al podio per i motivi di cui ti parlavo prima. Oggettivamente è quasi impossibile.

Di sicuro, se mi godo la gara, essere tra le prime al mondo è fattibile. Vorrei riuscire a “cancellare” il brutto ricordo di Rio. Mi sentivo frustrata. Delusa.

Epilogo

In questa storia ci sono veramente tanti spunti che riguardano sia l’allenamento mentale, come il dialogo interno, sia come approccio alla gara per liberarsi dalle pressioni inutili e ritornare a vivere lo sport con divertimento, elemento chiave della prestazione. Nulla di segreto. Non esistono “segreti” da imparare che solo in pochi conoscono. Sono cose che sai già benissimo. Ti serve solo una sberla, in senso figurato…passami il termine scherzoso, per risvegliarti dal sonno in cui sei caduto. E sai chi te le da queste sberle? La vita…

Non sempre si riesce a individuarle da soli. Quando si è troppo dentro una situazione, il rischio è osservarla solo da un  punto di vista diventando un criceto che corre restando fermo nella medesima posizione.

Con un supporto esterno invece, per ovvi motivi non essendo emotivamente coinvolto, si ha la possibilità di aprirsi a nuove prospettive cui non si era pensato prima. In questo caso Anna ha ottenuto beneficio da un percorso con un Mental Coach in quanto la sua difficoltà era collegata ha un momento di frustrazione, sconforto che necessitava di chiarezza, strettamente collegata alla carriera sportiva.

Si dice che lo sport allena alla vita. Io amo profondamente questa definizione. Lo sport non è solo una medaglia olimpica, un podio, una vittoria. Lo sport è quell’attività attraverso la  quale la vita ci fa arrivare le sberle. Se le comprendiamo subito, siamo fortunati. Altrimenti continueranno ad arrivare fino a quando impariamo la lezione. Non è al dire il vero la sola. Ce ne sono tante altre.  A mio modo di vedere è quella più immediata.

Sono d’accordo con Anna Maria quando afferma che non le piacciono le frasi fatte che illudono le persone sulla possibilità di risolvere l’ansia in pochi minuti.  L’ansia è funzionale alla prestazione nella giusta misura in cui si riesce a gestirne il livello. E per allenare questa competenza mentale occorre essere consapevoli dei propri meccanismi mentali. Una volta scoperti vanno allenati esattamente come il gesto tecnico. E come nelle tecnica, alcune volte si riesce altre volte no. La chiave però è la consapevolezza. Se ce l’hai allora sei in grado di  gestire i tuoi meccanismi mentali. Occorre un processo di destrutturazione di tutte la spazzatura negativa con la quale viene giornalmente nutrita la mente.

A tal proposito ti invito a leggere il mio articolo il Potere di Adesso

Non è facile all’inizio. Con la pratica però si può imparare. Ed è un allenamento che dura tutta la vita

Ringrazio con affetto Anna Maria per la disponibilità nel raccontarsi in questa sua storia che sono  sicura può essere di aiuto a tantissimi giovani atleti. Sopratutto mi auguro che metta in discussione l’approccio allo sport in tutte le discipline. Qualcosa deve cambiare… se si vogliono atleti performanti e felici come persone.

Grazie

Aurora

(Si ringrazia Anna Maria Mazzetti per le foto)

Aurora Puccio
About Aurora Puccio
Ciao! Sono Aurora la mia filosofia è invitare le persone a guardare le cose da angolazioni differenti, partendo dall'atteggiamento mentale con il quale si osserva una situazione. Lo sport è la mia più grande passione insieme ad altre forme artistiche come teatro e scrittura, che in questi articoli si intrecciano con armonia per darti degli spunti sull'allenamento mentale.
Related Posts
  • All
  • By Author
  • By Category
  • By Tag

Leave a Reply

Your email address will not be published.