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La leadership al femminile nello sport e nel business

LA LEADERSHIP AL FEMMINILE

NELLO SPORT  E NEL BUSINESS

Le donne sanno vincere

Nonostante le difficoltà siamo rimaste sempre compatte perché tutte volevamo la stessa cosa: Vincere le Olimpiadi!

Setterosa  Oro Olimpico Atene 2004 – pallanuoto

Pallanuoto_Setterosa_Aurora_SportMentalcoach

Sport e business hanno molto in comune. Non credi?Se pensi siano settori diversi hai ragione. Lo sono di certo nella parte tecnica e nell’ambiente. Un atleta si allena otto/dieci ore al giorno in campo per raggiungere gli obiettivi.  Un manager invece  lavora otto/dieci ore in ufficio per raggiungere gli obiettivi.

Adesso però ti invito ad uscire fuori dalla mentalità duale per cui tutto è separato e a concentrarti sulla possibilità che l’interconnessione tra i vari mondi sia verosimile, nella misura in cui tutto si fonda su convinzioni culturali-sociali antiche come i tirannosauri estinti. Almeno loro ci sono riusciti  🙂

Una di queste convinzioni è proprio dura a morire: la differenza di genere negli ambienti sportivi e lavorativi tra donne e uomini.

Premesso ci vorrebbero ore per parlare di quest’argomento, è risaputo che nel business sono poche le donne manager ai vertici aziendali.  Hai mai visto una donna presidente delle repubblica o del consiglio? ah no questo non c’entra 🙂

Nello sport, invece, le donne furono ammesse ufficialmente ai Giochi Olimpici nell’edizione di Berlino 1936 e discipline come la maratona, ad esempio, inclusa solo nell’edizione di Los Angels 1984. Molte donne vengono prese poco sul serio quando praticano sport considerati maschili, come del resto alcuni ruoli aziendali, perché richiedono uno sforzo del corpo notevole o sono etichettati come “virili”. E allora via…tutte le donne a fare danza, con tutto rispetto per questa meravigliosa forma d’arte che adoro e dove al contrario gli uomini subiscono gli stessi trattamenti perché considerata espressione di “fragilità” e quindi adatta alle femmine.

Se hai letto fin qui e stai pensando che tutto questo sia un’assurdità colossale nel 2019 si lo è. E allora ecco arrivare la famosa “quota rosa”. A tal proposito la giornalista Milena Gabanelli disse: “Io non voglio essere una quota rosa questa cosa mi fa impazzire chiunque di noi vuole trovarsi di fronte una persona competente non un uomo o una donna”

Lo sport si presta molto bene come metafora per rappresentare scenari comuni in altre aree. Per questa ragione condivido con te le storie di alcune donne che rappresentano l’eccellenza dello sport italiano e del business, apprese durante due eventi importanti tenutesi a Milano: Il Tempo delle donne, organizzato dal Corriere della Sera e La leadership al femminile, organizzato dal Coni.

L’obiettivo è lasciarti degli spunti per riflettere sulle competenze  realmente importanti per essere leader nella proprio settore. E questo prescinde dal sesso.

VINCERE NON È UNO SCHERZO
Il corpo delle atlete tra fatiche fisiche e mentali

(Milano Triennale – Il Tempo delle donne  evento organizzato dal Corriere della Sera)

Forse non tutti sanno che nello sport a nessuna donna è riconosciuta lo stato di professionista. A dire il vero, per la par condicio, in tutte le discipline minori tranne in quelle considerate professionistiche ( calcio, golf, tennis, basket),  non lo sono neanche gli uomini. In ogni caso restano delle disparità:

un uomo può scegliere di formare una famiglia e allo stesso tempo intraprendere una carriera di alto livello. Al contrario per una donna risulta difficile operare una scelta in questa direzione. Alcune hanno ritardato la formazione di una famiglia, o scelto di interrompere le carriere sportive anche perché non erano tutelate. Oggi le cose stanno lentamente cambiando. Tante mamme-atlete ritornano in gara dopo aver avuto un figlio come la schermitrice Elisa De Francisca o la tuffatrice Tania Cagnotto, dimostrando che  possono essere sia atlete sia mamme continuando a ottenere risultati di alto livello.

Da sinistra Annalisa Minetti, Sara Cardin, Corinna Dentoni e Maurizia Cacciatori

In questa prima parte  troverai l’esperienza delle atlete: Annalisa Minetti  campionessa del mondo atletica paralimpica, Sara Cardin campionessa del mondo Karate, Corinna Dentoni  tennista e Maurizia Cacciatori ex nazionale pallavolo. Per il business invece  Veronica Diquattro, vice presidente esecutiva di Dazn, una delle 50 manager più influenti nel mondo della tecnologia.

Annalisa Minetti: La forza di superare il disagio

Annalisa Minetti, oltre ad essere un’atleta e una cantante di successo, è una donna con una carica eccezionale desiderosa di mettersi al servizio dei ragazzi. Utilizza lo sport come strumento per parlare  di disabilità, e aiutarli a vivere il disagio come opportunità di crescita. Alla domanda posta dal giornalista sul carico fisico-mentale che deve affrontare una donna-atleta, la Minetti ha risposto:

“Le donne in generale viviamo 28 ore in 24 ore a prescindere dal ruolo. Abbiamo la volontà di dare il massimo sempre in qualsiasi situazione. Il corpo viene messo sotto stress, in sovraccarico ma non molliamo. Vincere non è uno scherzo. La mia ambizione è quello di essere soddisfatta di me stessa. Poi arrivano anche le medaglie e spesso servono più agli altri. L’atleta prende gusto nell’intraprendere il percorso per conquistarle. Per questo sono sempre disponibile a parlare ai giovani. Desidero trasferirgli il messaggio che le difficoltà, come possono essere quelle incontrate in una pratica sportiva, sono un mezzo per crescere.”

Sara Cardin: Praticare uno sport “maschile”

Sara Cardin campionessa del mondo di karate, che per la prima volta diventa disciplina olimpica a Tokio 2020, racconta invece la sua passione per le arti marziali e di come però da bambina, come tutte, avesse iniziato a praticare danza. Sollecitata sull’argomento dal giornalista la campionessa ammette:

 “Penso  a mia mamma:  ci ha provato tutta la vita per la danza. Credo però sia importante seguire l’inclinazione dei figli. Fare karate non significa fare l’uomo. Significa portare tutte quelle doti che noi donne possiamo portare nel combattimento: equilibrio, strategia, astuzia. Fin da piccoli, bambino e bambina si confrontano e il maschio impara a rispettare la femmina, a comprendere la sua forza.”

A tal proposito Sara Cardin racconta un episodio interessante vissuto come Caporale dell’esercito italiano. Per la prima volta nella storia un’atleta-militare è stata mandata in missione in Libano con l’obiettivo di insegnare l’autodifesa personale sia alle donne sia ai giovani nelle scuole. Questo il suo racconto:

“Le domande che possono farti sono ben diverse da qui. I bambini ti guardano e ti chiedono se uccidi l’avversario. Le donne invece, vedendoti in mimetica e per di più con un campionato del mondo vinto, vedono in te un immagine molto forte e domandano come sia possibile che il marito abbia dato il permesso a praticare karate e a lavorare nell’esercito.”  

Soffermandosi invece sull’importanza dello sport e sul perché ha scelto di praticare karate, la campionessa prosegue:

Lo sport ti insegna i valori perché lo vivi: non è influenzato da religione o politica. Mi ricordo da piccola che correvo urlando: Campione del mondo, campione del mondo. E un po’ alla volta lo sono diventata davvero. Poi c’è stato un momento in cui a 32 anni mi sono chiesta cosa fare. Per fortuna è arrivata la notizia dell’inclusione del karate nel programma olimpico e ho ritrovato nuovi stimoli. A me piace combattere. Il motivo più grande per cui pratico questa disciplina è che nel momento in cui combatto lo faccio per me stessa.”

Corinna Dentoni: L’abbandono di una giovane promessa

La storia di Corinne  Dentoni professionista del tennis, ricordo tra le poche discipline aperte al professionismo anche per le donne, mi ha colpito parecchio. È una storia che parla di una giovane promessa del tennis italiano che già nella categoria under 16  e under 18 entra tra le prime otto al mondo. Si intravede quindi una carriera piena di successi e invece le cose vanno diversamente. Racconta:

“Molto presto all’età di 7 anni  il  tennis diventa la mia passione. Giocavo dalla mattina alla sera. Ero fissata. Questo mi ha portata ad essere brava e già scalavo le classifiche del ranking mondiale. Purtroppo attorno a me si sono create delle aspettative: sia nella mia famiglia, sia nella Federazione e anche negli sponsor. Tutti mi vedevano tra le prime dieci. Probabilmente non ero ancora pronta. Anche perché non è facile sopportare un carico di lavoro ad un età dove devi viaggiare da sola in giro per il mondo e i costi sono elevati. Per di più tutti si aspettavano che raggiungessi l’obiettivo di arrivare tra le prime dieci al mondo nel giro di un anno. Non è stato così. Non è stato il mio percorso. Sono arrivata in posizione 130 a soli 19 anni ma non era abbastanza per le persone che mi circondavano e questo ha fatto si che il mio corpo ne risentisse per cui all’età di 25 anni ho deciso di mollare.

Purtroppo mi è dispiaciuto averlo fatto perché anziché sentire quello che suggeriva il mio cuore, ho ascoltato gli altri che sbagliavano e mi hanno consigliato male. Ho sofferto per questo. Ma dopo qualche anno di stop, all’età di 29 anni, ho ripreso a giocare per me stessa e sono felice. Un giorno ho il sogno di insegnare e aprire un’accademia per i bambini. Anche per chi non può permettersi economicamente di sostenere gli alti costi di questa disciplina.”

Maurizia Cacciatori: Siamo noi donne a porci dei limiti

Maurizia Cacciatori, ex nazionale pallavolo e oggi commentatrice Dazn per le partite della nazionale, si sofferma su quanto sia stato difficile scardinare la pressione che ruota attorno allo sport come prerogativa maschile e racconta un suo episodio accaduto durante l’infanzia che però ha segnato la sua vita sportiva. E non solo. L’ex pallavolista racconta:

“Io arrivo da una famiglia dove mia mamma era di Stoccolma. Molto rigida e severa ci faceva riposare in cameretta e abbassava le tapparelle anziché mandarci a fare sport. Io tutte le volte che sentivo abbassarle, non riuscivo a dormire. Mi sono ripromessa che nella mia vita non avrei mai permesso a nessuno di “abbassare le tapparelle”. Ed è stato il motivo che ha caratterizzato la mia esistenza.  Un percorso dove le tapparelle alle volte sono state abbassate e io le ho sempre tirate su. Ciò che mi ha insegnato la pallavolo non è messo in mostra con le coppe o le medaglie. Io in casa non ho nulla esposto di ciò che ho vinto. Tant’è che i miei due figli ogni tanto nutrono il dubbio che io abbia veramente praticato sport. Mi chiedono se sono sicura. Ciò che mi ha insegnato la pallavolo sono stati i valori. La capacità di collaborare con le altre persone. E anche se oggi non gioco più in una squadra di pallavolo, da quando commento le partite per Dazn, siamo comunque una squadra che lavoriamo per un obiettivo comune.”

A questo punto il giornalista le chiede se qualcosa nello sport è cambiato per quanto riguarda le differenze di genere e la Cacciatori risponde:

“Io sono un’ottimista per eccellenza e penso che siamo noi stesse le prime a porci dei limiti. Ai miei tempi vinceva solo la nazionale maschile: la generazione dei fenomeni. Noi donne eravamo ancora una squadra giovane e abbiamo messo il coraggio di andare oltre il limite. Di non avere paura. Questa discriminazione non la sento. Non ho voluto porre questo limite e oggi siamo tra le nazionali più forti al mondo riducendo il gap con gli uomini. Oggi le donne parlano e dimostrano cosa sanno fare. Oggi le tapparelle non sono più giù”

La leadership al femminile nello sport e nel business

Di nuovo le atlete con il giornalista e ultima a destra Veronica Diquattro, vice presidente esecutivo di Dazn

Veronica Diquattro: La sfida di lanciare lo sport al femminile in TV

Veronica di Quattro, come detto nell’introduzione, è tra le manager più influenti nel settore tecnologico. Ti basta sapere che ha lavorato per Google ed è stata l’artefice del lancio di Spotify in Italia, con un’esperienza fuori dal comune maturata nel Sud America. Infatti, subito dopo la laurea alla Bocconi, anziché scegliere mete scontate come Londra e New York per acquisire competenze valide per la carriera, lei ha scelto di andare in Perù. Una scelta fuori dagli schemi che nel tempo le ha dato ragione. Oggi è vice presidente esecutivo di Dazn. Ha accetto la sfida di rivoluzionare il mondo dello sport in streaming. Soprattutto vuole dare voce allo sport al femminile. Lei stessa racconta:

“Questa è una sfida personale del mio team iniziata ad agosto perché Dazn sta cercando di creare un settore nuovo nello sport che ancora in Italia non esiste. Anche se provenivo da esperienze in altri settori portando la mia del mondo digitale, ho introdotto una prospettiva femminile in un settore manageriale chiaramente ancora al maschile. La novità che intendiamo portare avanti sarà un percorso non facile. Quando cerchi di cambiare l’accesso ai contenuti sportivi stai facendo una rivoluzione culturale. Noi stiamo compiendo i primi passi. Cogliamo i piccoli successi di oggi avendo in mente l’obiettivo finale. Le competenze delle donne nello sport sono un dato di fatto. C’è la consapevolezza di dare spazio ai talenti  per dare valore ai contenuti dello sport femminile che vogliamo fortemente mostrare. Dire che ci sono introiti minori è un circolo vizioso. Se noi per primi non diamo loro visibilità, non valorizziamo lo sport femminile, è chiaro che un crescita, anche in termini di business, sia impossibile. Quindi abbiamo deciso di essere in prima linea e di impegnarci e assumerci la responsabilità come mezzo di comunicazione, per fare crescere la visibilità. Il concetto di vittoria in quanto donna, di sicuro si ricollega al concetto di prendersi rischi e non aver paura di seguire strade ancora non battute. Non avere paura di sbagliare o di fallire. Anche perché il fallimento è un’esperienza che ti arricchisce e ti permette di andare avanti. Concordo che siamo noi stesse a porci dei limiti. A pensare di non essere mai brave abbastanza. Dobbiamo andare oltre. E nel momento in cui ci riusciamo e già una vittoria.

LEADERSHIP AL FEMMINILE
Le donne sanno vincere
(Milano – 12 Settembre 2019 Seminario organizzato dal CONI)
La leadership al femminile nello sport e nel business

Da sinistra Arianna Fontana, Alessandra Sensini e Rossana Ciuffini

In questo evento organizzato  dalla vice presidente del Coni nonché olimpionica di windsurf Alessandra Sensini, in collaborazione con  Rossana Ciuffini direttore della scuola dello sport del Coni, si è voluto mettere in evidenza il ruolo della leadership al femminile che va concretizzata anche a livello dirigenziale. Infatti è intenzione del CONI aumentare le cariche in favore delle donne. Basti pensare che sono veramente poche quelle nel consiglio, o alla presidenza di un comitato regionale. L’unica infatti è Paola Mora Presidente del Comitato del Trentino. Per non parlare a livello di Federazione dove l’unica è stata nell’equitazione, durata però appena due mesi.

L’obiettivo del seminario è stato quello di enfatizzare una crescita continua di risultati dello sport al femminile che oggi andrebbe accompagnato, di pari passo, da uno sviluppo a livello dirigenziale significativo entro i Giochi Olimpici di Tokio 2020. Tra i vari interventi, di cui qui condividerò qualche stralcio, oltre quelli delle persone appena citate, c’è stata quella di Arianna Fontana campionessa olimpica nello Short Track a Peyonchang 2018 e dal punto di vista business Giovanni Bruno direttore di SKY TV.

Giovanni Bruno: Le donne sanno vincere

Parto subito da quest’ultimo perché da uomo di sport che lo vive nel settore televisivo, ci ha offerto un resoconto storico semplice e immediato per comprendere come i paragoni tra uomini e donne nello sport debbano essere definitivamente messi da parte. Prima di tutto la storia dello sport femminile, per motivi… storici, è cominciata più tardi. E questo riguarda tutti i paesi. Per l’Italia la prima medaglia olimpica in rosa è di Ondina Valli a Berlino nel 1936 quando ancora era difficile poter indossare dei pantaloncini. Impensabile oggi. Ancora racconta che si è dovuto attendere gli anni ’50 per avere le prime donne “afliere”, porta bandiere alle Olimpiadi. La prima donna in Italia, a pronunciare il giuramento per gli atleti ai Giochi di Cortina d’Ampezzo del 1956,  fu la sciatrice Giuliana Minuzzo

“Le donne sanno vincere”, continua il direttore di Sky. “Ormai è un dato di fatto. Il livello è cresciuto così come il numero delle praticanti in palestra. Ed è cresciuto grazie ad atlete come Alessandra Sensini, Diana Bianchedi, Valentina Vezzali, Sofia Goggia.  Solo per citare alcuni nomi. Perché occorre avere degli esempi, conoscere le loro storie affinché ci siano stimoli per crescere ancora di più. Ad esempio ricordo la Diana Bianchedi che si allenava alla Mangiarotti di Milano ascoltando in cuffia la lezione di medicina. Oggi è un medico e ha anche ricoperto il ruolo di vice presidente del Coni. Squadre come la pallanuoto con il Setterosa è stata una realtà vincente, adesso ha avuto delle difficoltà ma sta risalendo.  Di certo l’esempio più eclatante che abbiamo oggi, a livello mediatico, è quello del calcio femminile. 

Ieri sera (ndr 12/09/2019 data del seminario), c’è stata la Champions League e stasera pure, e gli stadi sono pieni. Sono pieni perché il pubblico è diverso dal solito. È un pubblico desideroso di guardare uno sport pulito, che si diverte e che ha voglia di stare insieme. Parlando di business, perché comunque siamo imprenditori e dobbiamo fare i conti anche con l’aspetto economico, lo sport femminile è in forte crescita. Gli ascolti sono alti e stanno continuando a salire.”

Arianna Fontana: Essere fuori dagli schemi

Arianna Fontana è un’altra leggenda dello sport italiano che ha partecipato alla sua prima Olimpiadi ai Giochi di Torino nel 2006 all’età di 15 anni dove centra subito un bronzo. È sempre stato il suo sogno andarci. Ma sopratutto vincere la medaglia d’oro. Sogno che si è avverato dopo ben dodici anni a Peyonchang nel 2018. Ecco cosa racconta a proposito della leadership al femminile e del suo approccio allo sport.

“La mia opinione, che può essere anche non condivisa, è nata da ciò che l’esperienza mi ha insegnato. Tante volte noi donne veniamo sottovalutate perché ci sono sempre i soliti stereotipi: le donne abbiamo balzi di umore, siamo isteriche e altro. Tutte queste cose però ci hanno dato la forza di trovare la nostra strada per il successo. Fin da piccola sognavo le Olimpiadi e vincerle. Sapevo di dover fare tanti sacrifici, che per carità ci sono anche per gli uomini, per chiunque in generale ha l’intenzione di raggiungere un obiettivo. Ma la cosa più importante per me è stata seguire il mio istinto. Ho sempre creduto in me e ho seguito quello che cuore e testa suggerivano di fare. Tante volte è meglio sbagliare con la propria testa piuttosto che seguire i consigli degli altri. Preferisco cadere, sbagliare e fallire. Mi metto in gioco e rischio ma una cosa la devo fare a modo mio. Con la mia testa ho cercato di guardare oltre e di uscire fuori dagli schemi. Alle volte questi cambiamenti non sono ben visti. Ma uscire fuori dagli schemi singnifica provare a portare qualcosa di diverso per migliorare non solo me stessa ma anche il gruppo.”

CONCLUSIONE: IL GIOCO DI SQUADRA

“Mettersi insieme è un inizio, rimanere insieme è un progresso, lavorare insieme è un successo.”

Henry Ford

Un gioco di squadra. Questo è l’elemento comune, più volte ripetuto nelle svariate conferenze alle quali ho assistito in quei giorni che oltre allo sport comprendevano: teatro, scrittura, politica e sociale. Più volte è stata usata la metafora sportiva e il concetto di squadra. Si è arrivati ad una conclusione condivisa che, pur restando una discriminazione di genere oggettiva tra uomini e donne,  le donne iniziamo a domandarci se il vero limite non siamo noi stesse. Se non siamo noi, che non ci spingiamo oltre come ad esempio a una carriera dirigenziale così come viene proposta dal Coni che non sia più una quota rosa ma un vero e sincero coinvolgimento della donna nei ruoli manageriali sportivi e aziendali. In tutte le conferenze si è più volte ricordato come un tema da affrontare non sia quello delle competenze, o delle capacità intellettuali ma bensì quello della conciliazione. Cioè alla donna deve essere data l’opportunità sociale di conciliare il ruolo di madre con quello di atleta-manager ( giusto per fare un esempio) e non messa nella condizione di scegliere l’uno o l’altro.

Inoltre occorre sottolineare come le donne che sanno fare squadra e perseguono un obiettivo comune, riescano sempre a raggiungerlo e dal mio punto di vista siamo più resilienti perché storicamente abbiamo sempre dovuto faticare di più per ottenere le cose. Quindi in modo naturale e inconsapevole abbiamo allenato per millenni questa abilità mentale che rappresenta uno dei nostri principali punti di forza.

La nazionale italiana di pallanuoto nota con il nome del Setterosa, Oro Olimpico ai Giochi di Atene 2004 da sinistra in alto: Lilli Allucci, Martina Miceli, Manuela Zanchi, Tania Di Mario, Alexandra Araujo e Noemi Toth. Da sinistra in basso: Cristiana Conti, Silvia Bosurgi, Elena Gigli, Cinzia Ragusa, Giusi Malato, Maddalena Musumeci e Melania Grego.

Ritornando a quanto detto dal direttore di Sky sull’importanza di avere degli esempi da seguire e storie da raccontare, riguardo la forza delle donne a livello di squadra e che ben si presta a rappresentare questo concetto, è la nazionale di pallanuoto femminile il Setterosa Oro Olimpico ad Atene 2004. Donne che in un decennio hanno vinto tutto, nonostante i vari cambi di atlete nel corso del tempo, e che hanno saputo essere leader in una disciplina considerata solo al maschile per ragioni puramente di carattere fisico. Ma come tutte le donne è stata la spinta per dimostrare a se stesse che si può vincere anche con l’intelligenza agonistica.

Personalmente sono veramente stanca di vedere partite di qualsiasi sport dove si mette in evidenza solo l’aspetto fisico di prendersi a pallate senza un minimo di gioco, strategia e tattica. Quell’essere il Davide della situazione che sconfigge Golia che da spettacolo. Oggi infatti tutti puntano sulla potenza fisica, trascurando il fatto che poi alla fine la differenza  la fa la testa.

Sarò fuori dagli schemi e dal coro e non sono la sola. Anche alcuni uomini di sport con i quali mi sono confrontata trovano noiosi le schiacciate missili terra aria nella pallavolo. Il gioco. Vogliamo vedere il gioco. Vogliamo divertirci a guardare lo sport in TV, negli stadi e nei palazzetti. Ecco perché la nazionale di calcio femminile ha avuto un gran successo: Tutti abbiamo riscoperto il piacere di una volta di vedere una bella partita giocata con passione e cuore. Forse non ancora tecnicamente perfetta, ma datele tempo e come il Setterosa, sentiremo parlare delle sue vittorie.

Il giorno che non sentirò più la frase: per la prima volta una donna… ecc ecc ecc. sarà un gran giorno. Di certo non riuscirò a vederlo perché ci vorranno secoli per il cambiamento. Ma da qualche parte occorre pur sempre iniziare e ognuno può dare il suo contributo.

(foto eventi Aurora Puccio. Foto Setterosa Atene 2004 Claudio Scaccini. Per ogni segnalazione si prega di inviare una mail ad info@auroracoaching.it)

Aurora Puccio
About Aurora Puccio
Ciao! Sono Aurora la mia filosofia è invitare le persone a guardare le cose da angolazioni differenti, partendo dall'atteggiamento mentale con il quale si osserva una situazione. Lo sport è la mia più grande passione insieme ad altre forme artistiche come teatro e scrittura, che in questi articoli si intrecciano con armonia per darti degli spunti sull'allenamento mentale.
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