image Lo sport giusto per ogni bambino image Come distogliere la mente dall’avversario: Il cerchio di addestramento

La rinascita di una squadra. Due stelle all’Orizzonte

LA RINASCITA DI UNA SQUADRA - DUE STELLE ALL’ORIZZONTE
LA RINASCITA DI UNA SQUADRA – DUE STELLE ALL’ORIZZONTE

Un guerriero non può abbassare la testa, altrimenti perde di vista  l’orizzonte dei suoi sogni.

Paolo Choelo – Il manuale del guerriero della luce

Ogni sportivo durante la carriera deve fare i conti con il tema della rinascita. Quel momento in cui, dopo essere sprofondato nel buio, deve trovare la forza, il coraggio e la motivazione di riprovarci ancora. Non è detto che ci riuscirà. Ma lo deve a se stesso. Al suo sogno. Alla consapevolezza che ogni singola esperienza, per quanto dolorosa, gli ha comunque insegnato qualcosa: per la crescita personale, sportiva e soprattutto umana.

Ad esempio ricordi la favola del ginnasta Juri Chechi? Si rompe il tendine di Achille alla vigilia dei Giochi Olimpici di Barcellona 1992. Immagina la delusione dopo tanti sacrifici. Il signore degli anelli, così come viene chiamato ancora oggi l’ex azzurro per i suoi successi in questo attrezzo, ha atteso altri quattro anni per coronare il sogno olimpico. Non solo. Il 12 Maggio del 2000, alla vigilia dei Giochi di Sydney, si rompe il tendine del capo lungo il bicipite brachiale, e decide di ritirarsi.

“Ma questa è sfiga!!!”, starai pensando.

Apro una parantesi: la sfiga non esiste. A meno che tu non decida che esista nella tua mente allora si trasforma in materia. La profezia che si auto-avvera.

Ma ritornando al nostro campione, all’età di 34 anni ritorna ai Giochi di Atene del 2004 per una promessa fatta al padre e vince la medaglia di bronzo nonostante le condizioni proibitive del suo bicipite.

Questo ti fa capire che se pratichi una disciplina individuale di certo le cose sono, passami il termine, un po’ più semplici. Tutto dipende solo da te. Ma cosa succede se a sprofondare è una squadra?Una società intera?Qui le cose si complicano. Ogni componente, a prescindere dal ruolo ricoperto, deve desiderare una rinascita che non è scontata.

Se la favola di Juri Chechi è di certo più conosciuta, ne esistono tante altre invece meno note e altrettanto affascinanti. Comprese quelle di squadra.

UNA FAVOLA SPORTIVA DI SQUADRA

La storia che sto per raccontarti nasce sulla costa orientale della Sicilia alle pendici dell’Etna, il vulcano più alto d’Europa, nella città di Catania che nella sua storia ha subito innumerevoli dominazioni straniere, nonché tante distruzioni causati da terremoti ed eruzioni vulcaniche. Ma, come l’araba fenice,  è sempre risorta dalle ceneri più bella di prima.

Ed è qui che esiste la squadra femminile più titolata in Italia e in Europa in tutte le discipline: l’Orizzonte Cataniapallanuoto femminile-, che il 12 Maggio di quest’anno in casa, ha conquistato il ventesimo scudetto (record), coronando il sogno della seconda stella inseguita da ben 8 anni e impreziosita dalla vittoria in Coppa Len (ndr la versione della Coppa Uefa del calcio) che va a completare una bacheca ricca di trofei:

  • 8 Coppe dei Campioni ( Record)

  • 3 Coppe Italia ( Record)

  • 15 scudetti consecutivi (record) +4 +1 🙂

  • 1 Supercoppa Len

  • 1 Fin Cup

PREMESSA

Premetto che fin da bambina come tutti sono tifosa degli azzurri di ogni disciplina, #nonsolocalcio. Per cui anche se non gioca l’Italia qualcuno per cui tifare lo trovo sempre perché questo deve essere lo sport. Anche nelle competizioni per club, non mi importa a quale città appartengono. Non faccio discriminazioni. Tifo affinché un club italiano possa vincere perché in quel momento rappresenta l’Italia. Il mio paese.

Ma per una volta concedimi di regalare alla mia città di Catania, dove sono cresciuta per trent’anni prima di trasferirmi lungo il naviglio milanese, una dedica particolare perché in una terra bella ma problematica come quella etnea, ottenere un risultato sportivo di questo tipo ha davvero dell’incredibile.

Se anche tu, sia come singolo sia come squadra, stai attraversando un momento critico della tua carriera sportiva, in questa storia mi auguro tu possa trovare l’energia necessaria per andare avanti. Per riprovarci ancora.

Per accompagnarti nel corso degli eventi di questa seconda sudatissima stella devo necessariamente portarti un passo indietro nel tempo. Inoltre se pratichi un altro sport, ti chiedo di continuare la lettura con un approccio mentale che vada  OLTRE la pallanuoto. La tecnica non c’entra niente. Potevo parlare di basket o pallavolo non cambiava nulla. E poi ti farà bene ogni tanto uscire dai soliti schemi della tua disciplina. Si apprende molto anche dagli altri.

Concentrati sui fatti e vedrai che qualcosa di sicuro ti risuonerà familiare.

Pronto? Cominciamo!

ANNO 1985 – L’INIZIO

Scrivere sull’Orizzonte Catania è come dover parlare nel calcio del Brasile, oppure nel rugby degli All Blacks. Ci vorrebbero fiumi di inchiostro e non basterebbero per citare episodi, eventi e tutti i nomi delle persone che hanno contribuito a questo miracolo sportivo. Non ho lo spazio per elencarli. A queste persone chiedo scusa in anticipo ma so che comprenderanno.

La società nasce nel 1985 in occasione del primo campionato femminile ufficiale. Ma è soltanto nella stagione 1991-92, sotto la presidenza di uno sportivo catanese doc Nello Russo, oggi presidente onorario, che vince il suo primo scudetto. Saranno ben 15 consecutivi: record in tutte le discipline femminili.

Nello Russo ha saputo costruire una squadra vincente nel tempo, grazie alla collaborazione del general manager storico Giuseppe La Delfa e a grandi allenatori che si sono succeduti nel tempo:Marcello Del Duca, Mauro Maugeri, Giovanni Puliafito, Giusi Malato, Piergluigi Formiconi e Martina Miceli

Da qui sono passate le giocatrici italiane e straniere più forti al mondo come la statunitense Brenda Villa, nominata la pallanuotista del secolo. Tante le catanesi tra cui Giusi Malato unica donna a vincere la calottina d’oro, (ndr il pallone d’oro del calcio) Maddalena Musumeci, Cinzia Ragusa e Cristina Consoli solo per citarne alcune.

Come accade in molte discipline, quando c’è una squadra così forte, molte atlete vengono convocate in nazionale. Per cui gli anni d’oro di Catania seguono in parallelo quelli del Setterosa, nome con cui viene nominata l’Italia della pallanuoto femminile, che vince a livello internazionale tutto: unica squadra al momento ad aver vinto anche un Oro Olimpico ai Giochi di Atene 2004.

ANNO 2011 – L’ULTIMO SCUDETTO E IL DECLINO

Il club capace di interrompere la supremazia catanese è stata nel 2006 la società della Fiorentina Waterpolo. Poi l’Orizzonte vincerà altri quattro scudetti, in tutto saranno 19. L’ultimo nel 2011. Sembra fatta per la seconda stella, ma qualcosa comincia a incrinarsi e con un ciclo così lungo è inevitabile che inizi un lento declino. A tal punto che la società etnea rischia di scomparire per sempre dalla massima serie.

ANNO 2013 – UN NUOVO INIZIO

Non è possibile che una società storica come l’Orizzonte non sia iscritta in serie A1. Ma nessuno si fa avanti per rilevarla. Allora due giocatrici storiche Martina Miceli, già passata al ruolo di allenatore, e Tania Di Mario invece ancora in piena attività agonistica, decidono di rischiare pur di evitare il peggio e inseguire il sogno della seconda stella. Entrambe tra le protagoniste dei successi rosso-azzurri e del Setterosa, romane di nascita ma catanesi da adozione, assumono rispettivamente il doppio ruolo di Presidente/Allenatore e Vice Presidente/Giocatore. Gli inizi, come sempre non sono facili. Tanti i problemi da risolvere. Prima di tutto quelli economici di sponsor per costruire una squadra che quanto meno mantenga la serie A1. Occorre ricominciare tutto da zero e formare un vivaio. Ma al peggio non c’è mai fine e nonostante gli sforzi il grosso problema degli spazi in piscina resta.

ANNO 2016 – UN INCONTRO PER CASO

Senza gli spazi adeguati è impossibile andare avanti. Una fine impietosa sembra sopraggiungere quando un giorno per caso, anche se nulla nella vita capita per caso, le nostre due protagoniste incontrano un angelo custode: l’imprenditore Giorgio Bartolini.

Il Sig. Bartolini ascolta la loro storia e prende a cuore la situazione. Così decide di offrire l’opportunità di mettere su casa presso il centro sportivo multifunzionale Ekipe Club di San Giovanni la Punta (CT). Alle due ex olimpioniche non sembra vero. Una casa che nel tempo diventerà una vera e propria famiglia, dove potersi allenare senza problemi. Un main sponsor importante come Ekipe che crede nel loro progetto. Martina e Tania si sbilanciano e promettono a Giorgio Bartolini che entro tre anni avrebbero vinto lo scudetto.

Le due romane sapevano di dover affrontare momenti difficili. Erano abituate sia nel club sia con il Setterosa. Tutto però potevano immaginare fuorché vedere le stelle, è il caso di dirlo, per raggiungere il ventesimo scudetto con una sceneggiatura che sembra uscita da un film di Hollywood.

Tanti colpi di scena. Si perché nel proseguo della storia devi stare attento ad alcuni passaggi che coincidono con:

  • una data

  • un buon non compleanno

  • una finale scudetto inaspettata
  • un ritiro annunciato… ritirato

  • una tempesta

  • Il fair play

  • una traversa e l’ultimo rigore

  • la quiete dopo la tempesta

  • una rinascita con rivincita

STAGIONE 2016-2017UNA FINALE SCUDETTO INASPETTATA

Rapallo – Piscina Comunale 11-12-13 Maggio 2017

Seduta in una tribuna ancora per poco deserta, osservo dall’alto la piscina all’aperto: sto immaginando l’Olympic Aquatic Center di Atene e quella storica finale del Setterosa contro la Grecia nel 2004, vinta al cardiopalma 10-9 al quarto tempo supplementare. Da poco meno di un anno ho cominciato a scrivere la loro storia e ogni occasione è importante per cercare di capire sia il gioco della pallanuoto, sia le protagoniste.

Per mia fortuna due di loro, Martina Miceli e Tania Di Mario sono ancora in piena attività. Per di più con l’Orizzonte Catania la cui storia da sempre è intrecciata con le sorti del Setterosa. Pertanto passo la stagione a guardare in TV tutte le partite delle Olimpiadi di Rio 2016 dove l’attuale Setterosa con Tania capitano, vince un argento importante dopo ben 12 anni da Atene, e quelle del Catania. Ma dal vivo è tutta un’altra cosa. E poi mi dico: “Quando mi ricapita più di vedere Tania Di Mario in azione?” (ndr la pallanuotista italiana più forte di sempre con due medaglie olimpiche su quattro partecipazioni).

Con l’intento di trovare la giusta ispirazione per la mia scrittura le osservo da fuori. Noto come Martina cura ogni singolo dettaglio del pre-game e parla alle sue ragazze, come Tania si prepara alla partita e da capitano trascina le sue compagne. Ma non sono solo le due ex azzurre ad attrarre la mia attenzione.

Tra le atlete, che in acqua seguono le indicazioni del coach, noto la tristezza di chi sa per certo che queste partite le guarderà dalla tribuna. Si chiama Carolina Ioannou numero due di calottina, nome che ti invito a tenere a mente per dopo.

UN RITIRO ANNUNCIATO… RITIRATO

Carolina infatti, per una serie di motivi di cui ho già parlato in questo articolo dal titolo la quiete dopo la tempesta  non ha giocato tutta la stagione per problemi burocratici legati allo svincolo del cartellino. Ragione per cui il capitano Tania Di Mario, nonostante avesse annunciato il ritiro dopo le Olimpiadi di Rio per diventare finalmente mamma, si ritrova ancora in acqua. Una decisione presa per protestare contro le ingiustizie e sostenere la società etnea in difficoltà dal punto di vista del roster.

La sofferenza di Carolina è papabile a ogni movimento eseguito in acqua. Tira in porta come se dovesse giocare anche se sa… che non giocherà. Per tutto l’anno si è allenata tutti i giorni con le compagne coltivando una speranza svanita anche per le Final Six.

UNA DATA CASUALE

È il 12 Maggio giorno della semifinale contro la Waterpolo Messina: derby tutto siciliano. Il giorno prima l’Orizzonte fatica a battere un ottimo Kally NC Milano per 10-9 e con le messinesi la sfida sembra proibitiva visto la differenza di organico. Poco prima di essere chiamate dallo speaker per la presentazione ufficiale un sottofondo musicale richiama la mia attenzione: Eye of Tiger dei Survivor tratta dal film Rocky IV. Dietro le quinte le catanesi sono pronte ad entrare. Incrocio lo sguardo di Tania e sorridiamo. Coincidenza… la stessa identica canzone che ad Atene, poco prima della semifinale olimpica contro gli Stati Uniti,  le azzurre ascoltarono cantare dalle americane certe della vittoria. Peccato per loro poi essere congelate da un goal strepitoso di Manuela Zanchi a due secondi dalla fine. (ndr anche lei ha giocato nell’Orizzonte Catania)

Sembra un segnale positivo. Osservo anche Martina che invece è già in piena trance agonistica, come giusto che sia, a tal punto da non essersi completamente accorta della canzone.

UN BUON NON COMPLEANNO

Nel Messina l’ex di turno è la catanese Rosaria Aiello vincitrice del titolo con Catania nel 2011 e centroboa del Setterosa. È anche il giorno del suo compleanno ma sembra che da un po’ di tempo non gli porti tanta fortuna nello sport. Spera di sfatare al più presto questa ricorrenza al negativo. Ma purtroppo anche questa volta non festeggerà. Le catanesi scendono in acqua con il coltello tra i denti disorientando le avversarie che perdono malamente per 11-4. Dopo tanto tempo l’Orizzonte ritorna a giocarsi una finale scudetto inaspettata, contro la squadra più forte del campionato: il Lantech Longwave Plebiscito Padova

Martina, in quel momento unica allenatrice del campionato a sottolineare quanto ancora oggi sia difficile per un donna in qualsiasi disciplina, conquistarsi questo ruolo,  prova a giocarsela. Se potesse, si butterebbe in acqua anche lei per aiutare le sue atlete. Ma dal bordo vasca non può fare molto. Non riesce a trasmettere la sua grinta proverbiale: gli Occhi della Tigre che l’hanno contraddistinta da giocatrice insieme alle sue sorelle del Setterosa.

sport bambini_sportmentalcoach_aurorapuccioLe catanesi sono come paralizzate. Tania, anche lei una tigre, pur con tutta la sua esperienza, non può fare tutto da sola. La dimostrazione che nel gioco di squadra occorre il supporto di tutte: ognuna secondo le proprie possibilità. Catania perde la sfida e Padova per la terza volta consecutiva è meritatamente campione d’Italia. Un secondo posto comunque di spessore considerando le premesse non era scontato. Martina e Tania comprendono di essere sulla strada giusta.

Nel frattempo sugli spalti due piccoli tifosi catanesi, sotto gli occhi orgogliosi dei genitori, sventolano la bandiera padovana per accogliere le vincitrici. In realtà lo hanno fatto per tutto il tempo. Per loro è un gioco, come giusto che sia. Per me resta tra le immagini più belle di quella edizione: il simbolo del Fair Play. E troverai il racconto di questo episodio particolare in questo articolo dal titolo Lo sport visto con gli occhi dei bambini.

STAGIONE 2017-2018 –  LA TRAVERSA E L’ULTIMO RIGORE

Firenze – Piscina Goffredo Nannini 11-12-13 Maggio

Ancora le stesse date. Dopo l’edizione all’aperto, si ritorna alla piscina coperta. Stavolta l’Ekipe Orizzonte Catania arriva alle Final Six da favorita. Tania si è ritirata dall’attività agonistica dedicandosi a tempo pieno a quella dirigenziale. Come direttore tecnico ha fatto una campagna acquisti eccellente e ha costruito una formazione stratosferica definita dai giornalisti corazzata Orizzonte. Un po’ la versione nel calcio di un Barcellona o di un Real Madrid. Dagli Stati Uniti arriva infatti il miglior portiere al mondo: l’americana Ashleigh Johnson, vincitrice alle Olimpiadi di Rio 2016. Nella pallanuoto il portiere è considerato un ruolo chiave per la tattica del gioco. Come se si avesse in squadra Leon Messi o Cristiano Ronaldo, per intenderci.

Come da pronostico l’Orizzonte chiude la stagione regolare al primo posto con zero sconfitte e lo scudetto sembra destinato a ritornare sotto le pendici dell’Etna. Sulla carta è la squadra più forte in assoluto. Ma in finale contro il Padova, che usa la grinta come arma letale contro la paura di vincere delle catanesi, la partita si fa più dura del previsto.

Spesso l’avversario da battere non sta fuori ma dentro ogni atleta.

Se solo quella palla tirata dal portiere del Catania a qualche secondo dalla fine del quarto tempo, si fosse accomodata in rete anziché stamparsi sulla traversa, tutti si sarebbero buttati in piscina a festeggiare. Invece la partita finisce pari e lo scudetto si decide ai rigori. In qualsiasi disciplina penso sia la situazione di gioco che crea maggiore ansia per un allenatore, per l’atleta che deve tirarlo e per tutte le compagne. La pressione è tanta. La stanchezza comincia a farsi sentire e la palla diventa più pesante del solito.

Ne sa qualcosa la catanese Rosaria Aiello a cui la sua allenatrice affida l’onere e l’onore di tirare il rigore decisivo. Finalmente è ritornata a giocare per la sua città e adesso si trova a un passo dalla seconda stella. Ha la grande occasione di mettere la ciliegina su una torta annunciata che l’avrebbe ripagata della sconfitta passata e sfatare la ricorrenza di un compleanno passato quasi sempre a versare lacrime nella sala anti-doping.

Già, perché il destino sembra divertirsi e oggi è il 12 maggio.

Tania, come sempre quando ci sono i rigori, per scaramanzia si volta dall’altra parte. Fino adesso ha portato bene. Martina è tesa come la corda di un violino così come tutta la panchina dell’Orizzonte. Almeno fino a quando la calottina numero 5 di Rosaria scompare sott’acqua dopo aver visto la palla uscire di poco alla destra del portiere. Padova festeggia con merito il suo quarto tricolore. La squadra veneta ci ha creduto di più dimostrando ancora una volta che le partite sulla carta contano fino a un certo punto. Anche contro una corazzata nulla è impossibile.

Per Martina e Tania, le persone che le stanno vicine e per tutti i tifosi presenti o davanti alla TV, è una ferita di proporzioni titaniche.

Io, come sempre presente in tribuna, stavolta ho vissuto la partita a metà: da un lato come tifosa catanese e appassionata di sport con lo sconforto più totale. Dall’altra come scrittrice per la storia che stavo scrivendo sul Setterosa, mi sembrava una chiara similitudine con la “tragedia sportiva” della mancata qualificazione ai Giochi di Sydney 2000 delle azzurre. Infatti  l’Italia, come campione del mondo in carica e squadra sempre da battere in quel periodo, era considerata tra le favorite verso il primo titolo olimpico assegnato nella storia di questo sport.

In sostanza Martina e Tania avevano già vissuto situazioni estreme come queste. Ma ogni sconfitta apre nuove ferite difficili da colmare. Non a caso, insieme alle loro storiche compagne di nazionale, venivano chiamate le Tigri d’Italia e quando i campioni sono allenati a rialzarsi dopo aver preso una pesante batosta come questa, sapevo già con certezza matematica che ci avrebbero provato ancora una volta.

STAGIONE 2018-2019 DUE STELLE ALL’ORIZZONTE

Catania – Piscina la Playa 10-11-12 Maggio 2019

Percorro il tratto da casa all’impianto senza rendermi conto che mi è salita quella tipica agitazione meravigliosa del pre-gara. Come se dovessi gareggiare io. Incredibile. Sento l’emozione che sto per assistere a un evento importante per la mia città.

Un mese prima, dall’altra parte del telefono Tania in versione mamma e nuovo presidente della società, aveva appena terminato di dirmi: «La Final Six si gioca a Catania!». Subito mi arriva una bella sensazione positiva. Ma per scaramanzia la tengo per me. In realtà non sono scaramantica. Ma da quando ascolto i loro racconti per osmosi qualche goccia in minima parte ha contagiato anche me 🙂

E poi ancora quella data: 12 Maggio… per di più in finale. Penso a Rosaria: “No, non può essere un caso.”

Sui social è un tam tam di invito alla città a sostenere la squadra in questa impresa storica. Catania, come sempre ha un gran cuore e risponde presente all’appello con oltre 2000 spettatori che colorano di rosso-azzurro la piscina della Playa in ogni ordine di posto. Presenti non ci sono solo gli addetti ai lavori ma tante persone appassionate che hanno deciso di dare il proprio contributo per spingere le etnee verso il tricolore.

La cornice è unica. La mia città regala, durante le partite, tre giornate di sole spettacolari. Sullo sfondo il mare della Playa invaso da numerose imbarcazioni a vela. C’è una regata in corso e la telecamera della RAI nei momenti di pausa con maestria effettua degli stacchi regalando inquadrature fantastiche. Neanche un regista teatrale avrebbe potuto creare una scena così… perfetta!

Ma per arrivare allo scudetto ancora una volta Catania deve vedersela con il Padova in semifinale che non ha per niente intenzione di cedere lo scettro. L’incubo dell’anno precedente è stata l’ombra costante dell’Ekipe Orizzonte durante tutta la stagione.  Soprattutto dopo le sconfitte subite contro le dirette avversarie Rapallo e Sis Roma che hanno spostato gli equilibri del campionato non rendendolo poi così scontato.

Il momento più difficile, come dichiarato nel post gara dalla stessa allenatrice catanese ai microfoni della Rai. Il momento in cui la squadra ha toccato il fondo con anche qualche scontro interno. Però da lì Martina avverte che qualcosa è cambiato. Seppur accompagnate dalla ferita della disfatta fiorentina, la strada sembra assumere una forma diversa con uno spiraglio di luce che giorno dopo giorno, viene da tutti alimentato e che li porterà a vincere la prima Coppa Len della storia. Evento che contribuirà a rafforzare la consapevolezza che un finale diverso sta prendendo forma.

Infatti Catania batte Padova 8-6 e vola in finale. Ad aspettarla c’è la SIS Roma vincitrice della Coppa Italia e rivelazione della stagione alla sua prima finale scudetto.

Sugli spalti oltre ai tifosi ci sono anche le ex giocatrici che hanno fatto la storia catanese come Giusi Malato, Maddalena Musumeci, Silvia Bosurgi, Chiara Brancati. Ma anche l’ex capitano del Setterosa Lilli Allucci e Alexandra Araujo entrambe oro ad Atene, arrivate da Palermo per sostenere le loro ex compagne di nazionale.

L’ATMOSFERA


Foto Andrea Staccioli/Deepbluemedia/Insidefoto

L’ambiente è carico. L’energia positiva. I tifosi già si fanno sentire durante il riscaldamento delle giocatrici. Alcune di loro sono giovanissime. Provengono dal vivaio catanese. Non hanno ancora maturato l’esperienza necessaria per affrontare partite importanti come questa. Per di più giocata in casa. Ma sono consapevoli di essere fortunate a far parte di questo gruppo e sono pronte per ogni evenienza. Non capita tutti i giorni di praticare lo sport che ami, ad alto livello senza spostarti dalla tua città e con accanto delle autentiche fuoriclasse come le due olandesi Sabrina Vander Sloot, Ilse Koolhaas, campionesse europee in carica, Arianna Garibotti e Roberta Bianconi e super saracinesca Giulia Gorlero portiere anche del Setterosa che tanto ricorda Cristiana Conti: per anni il miglior portiere al mondo.

E ancora le catanesi Valeria Palmieri e Rosaria Aiello, entrambe centro-boa della nazionale, Claudia Marletta, autrice di una strepitosa Final Six e Isabella Riccioli appena diciottenne ma con un’esperienza da veterana. La osservo più volte durante la partita: scalpita come una tigre chiusa in gabbia pronta a entrare per sbranare tutti. Una qualità notevole in un’atleta così giovane che non ha paura in una finale così importante.

«La mattina della finale mi sono svegliata che mi sentivo leggera.», mi racconta qualche giorno dopo Martina al telefono, «Ero serena. Forse anche troppo e mi sono preoccupata perché vedevo la stessa leggerezza anche nelle ragazze. Temevo che si sentissero appagate. Il giorno prima erano più tese come giusto che sia, molto concentrate. Avevo paura che potessero smollare un po’. Un allenatore prepara tutto della partita ma si ha sempre il timore di aver dimenticato qualche dettaglio. Non appena me ne sono accorta è scattato subito l’allarme e durante la riunione le ho parlato come se avessi un “bazzuca” per tenere alta la tensione. In queste partite può succedere di tutto. Ero consapevole che tutte avevamo svolto un buon lavoro, ma in queste finali non è sufficiente giocare bene. E noi lo sapevamo benissimo.

La semifinale devo dire l’ho vissuta con più ansia perché giocarci l’accesso alla finale contro il Padova significava portarsi dietro tutto ciò che di brutto ci era capitato negli ultimi due anni».

La partita inizia con le due squadre contratte e la prima a segnare sono le romane. Martina aveva già avvisato Giulia Gorlero che avrebbe dovuto fare gli straordinari in porta, il tempo che le altre si sarebbero assestate. E difatti Giulia è stata la migliore in acqua. Poi ci pensa Arianna Garibotti, il leader di questa squadra, a sbloccare il risultato e a suonare la carica catanese. Segneranno il capitano Bianconi, Marletta e Van De Sloort.

LA RINASCITA CON RIVINCITA

Ma il sigillo di questo scudetto porta la firma di Carolina Ioannou che segna il definitivo 6 a 3 (doppietta per lei) mandando in visibilio tutta la piscina di Catania. Ti ricordi di lei vero? Perché le favole funzionano così: con il meccanismo del viaggio dell’eroe. All’inizio tutto sembra che vada bene. Poi comincia qualche tempesta. La si attraversa e alle volte sei così stanco che pensi di lasciarti andare. A un tratto, non sai neanche come, arriva la quiete. Ti guardi indietro e con un sorriso osservi un cerchio che si chiude.

Martina mi racconta: «Al goal di Carolina ho pensato “È giusto sia così” Anche se quest’anno ha giocato poco, osservando il portiere avversario ho intuito che i suoi tiri, lenti e alti, le avrebbero creato problemi. Così prima della partita le ho detto se fosse consapevole che avrebbe potuto segnarle da qualsiasi posizione in qualsiasi momento e decisa mi ha risposto Si lo so! Per cui è stato giusto che il sigillo di questo scudetto fosse il suo. Sono contenta per lei perché ha sofferto tanto in questi due anni. Non è stato facile riprendere dopo un anno di stop e con aspettative elevate. Ci sono stati momenti che avrebbe potuto mollare e non lo ha fatto. E di questo sono orgogliosa. Sono felice per lei perché se avesse mollato si sarebbe portato questo rimpianto per tutta la vita come donna non come atleta.

Questo vale anche per tutte le altre. Sono felice per ognuna delle mie ragazze perché nonostante le forti tensioni nello spogliatoio, le discussioni, i problemi, l’incubo di poter non raggiungere questa stella, aldilà del risultato sono tutte cresciute come donne. Questa è la mia più grande soddisfazione.»

«In questa giornata c’è stato tutto» continua Martina, «La festa della mamma, vincere a Catania davanti al nostro pubblico, il goal di Carolina, finalmente un compleanno felice per Rosaria (ndr passato sempre a piangere all’anti-doping…ma stavolta di felicità 🙂 ) Il mio primo scudetto da giocatrice l’ho vinto qui e adesso anche quello di allenatrice. Una giornata perfetta!

E poi nei giorni a seguire tanta gente che mi fermava per condividere l’emozione di un’esperienza unica anche per loro tanto da fargli dire “io c’ero. Ero lì il giorno in cui Catania ha vinto il suo ventesimo scudetto” Tutto molto bello».

SCUDETTO…19+1 

Per Tania invece non c’è stato tempo di pensare alla performance distratta com’era dagli impegni organizzativi. Al telefono mi racconta:

«Non avevo tempo per pensare ad altro, ma sapevo che Martina e la squadra stavano lavorando bene. Le sensazioni erano buone rispetto all’anno scorso quando avevo vissuto tutto con troppa ansia. Di certo da dirigente è diverso che da giocatrice dove ti senti parte di tutto. Partecipi attivamente al successo facendo un goal, un passaggio. È un’altra cosa. Dico che è lo scudetto 19+1 perché si è vero che è il ventesimo, ma non mi posso scordare degli altri.

Per tutta la Final Six ho mantenuto il solito atteggiamento che usavo anche da giocatrice: vivere momento per momento e pensare che non è finita fino all’ultimo istante. Ovvio che con il goal di Carolina sul 6 a 3 e ad un minuto dalla fine era fatta. Ma prima di quel momento non l’ho mai pensato.

So perfettamente quello che significa vincere uno scudetto. Alla fine mi sono ricordata esattamente tutto quello che era successo fino a quel momento. Non solo gli ultimi anni con Martina. Tutte le straniere che abbiamo avuto, le mie sorelle del Setterosa, Mauro Maugeri. Tutti.

In questo senso gli scudetti non posso andare separati. Fanno parte di una storia unica anche se raggiunti con percorsi differenti.»

L’ATTESA DEL TIFOSO…

 Ore 14:00. Fisso il cronometro a bordo vasca in attesa che il tempo arrivi al fischio di inizio. Manca ancora 1h30 alla partita ma anche i tifosi, come i giocatori, hanno le loro routine o gesti scaramantici. C’è chi si da appuntamento nello stesso posto per mantenere la “formazione tipo” che ha portato fortuna in semifinale. ( si anche i tifosi hanno un roster prestabilito con posizioni e compiti assegnati e guai a sgarrare 🙂 ).C’è chi preferisce guardare la partita dall’alto esattamente nello stesso punto del giorno prima: in solitudine. C’è chi spaesato ancora non si rende conto che sta per assistere a un evento storico. Ma trascinato dall’intuito ha deciso di guardare la partita dal vivo e non alla TV e si informa su una disciplina che non conosce, convinto che sia importante esserci.

Io preferisco arrivare in largo anticipo sarà un retaggio da ex atleta o un rituale ormai consolidato in questi due anni. Non lo so. Ma stavolta è diverso. Si gioca a Catania e voglio fotografare con gli occhi della mente ogni scena di questa giornata. Le ragazze dell’Orizzonte a poco poco si preparano per il riscaldamento. Ognuna ha il suo modo di entrare in acqua, di sistemarsi la cuffia, di scambiarsi uno sguardo consapevole con la compagna di squadra. Qualcuna si gira  verso  la tribuna che si sta dipingendo sempre più dei colori rosso e azzurri. Sorride. Non ha bisogno di parole per descrivere l’emozione di giocare davanti al proprio pubblico. Si vede. Non solo per chi catanese ormai è diventato di adozione. Ma soprattutto per chi da catanese è nata in questa città.

Nel frattempo sugli spalti anche i tifosi effettuano i loro riscaldamento. Provano trombe e tamburi. Si accertano che il suono sia forte, chiaro e si sintonizzi nella stessa frequenza energetica delle ragazze per diventare un’anima sola.

Un occhio all’acqua e uno al cronometro: sono le ore 14:55 e il clima si surriscalda. Non solo per il sole. Fra poco la palla verrà messa al centro e la storia avrà inizio. Mi giro per guardare gli spalti e mi sento fiera della mia città. La tribuna sembra già piena ma ancora tanta gente sta prendendo posto. L’aria è di festa. Tra la folla ci sono anche un gruppo nutrito di tifosi romani e penso: I miracoli degli sport silenziosi. Una scena così in uno stadio di calcio sarebbe impossibile.

Ore 15:29. Ormai manca davvero poco. Si aspetta solo l’ok dei giornalisti per la diretta su RAISport. Non so spiegare per quale motivo ma mai, come in questa partita, il tempo mi è sembrato scorrere con una lentezza impressionante. A ogni goal per l’Orizzonte il pubblico esplode in un boato. Un pubblico capace di percepire i momenti delicati in cui far sentire ancora più forte la sua voce. Un pubblico che è stato l’ottavo uomo in più in vasca e che al tiro telecomandato sotto l’incrocio dei pali di Carolina Ioannou può finalmente urlare: Campioni d’Italia!

E io sono orgogliosa che tutto questo sia accaduto a Catania!

Ed è così che è avvenuta la rinascita di una squadra. Due stelle all’Orizzonte!
EPILOGO – L’INTERDIPENDENZA

Lo sport ha la magia di intrecciare i destini delle persone ognuna con una sfumatura diversa ma tra loro interconnesse da un filo sottile invisibile che unisce ogni singola storia personale.

Athýke

Curiosa questa storia, non trovi? Una serie di coincidenze dove le strade di diverse persone si sono incrociate nel solo momento giusto in cui tutto poteva accadere. Nella giornata perfetta

Non sempre infatti un evento negativo è poi così tanto…negativo. Ovvio che in quel momento la vivi come un dramma. Ma se riesci a cogliere gli spunti giusti ti accorgerai che sono tempeste necessarie  affinché tu possa arrivare su in cima alla montagna. La realtà è che tutti siamo interdipendenti.

Non incontriamo le persone o viviamo gli eventi così per caso. E ogni esperienza vale la pena di essere vissuta perché è così che si cresce come persona.

Certo per me è ancora più affascinante che le due protagoniste abbiano vissuto una situazione analoga con il Setterosa. Anche lì, se ci pensi, vincere ad Atene, dove sono nate le Olimpiadi, dopo aver vissuto una tragedia sportiva, anche quelle di proporzioni titaniche, si è verificata la giornata perfetta.

Ma questa è un’altra storia :-)!

Mi piace concludere questa dedica alla mia Catania con una frase attribuita alla nostra Santa Patrona Sant’Agata a cui tutti i catanesi e non, aldilà di ogni fede religiosa, siamo legatissimi

Noli offendere Patriam Agathae quia ultrix iniuriarum est
Non offendere il paese di Agata, perché è vendicatrice di ogni ingiustizia

E una storia così, con donne capaci di lottare contro le ingiustizie e vincere in campo, non poteva che nascere a Catania!

Coincidenze? 🙂

Dedicato oltre che alla mia città, a Martina e Tania senza il loro sogno oggi non staremo qui a parlare di una seconda stella e a tutte le atlete del passato, del presente e del futuro dell’Orizzonte Catania  e alle pallanuotiste  che sognano un giorno di indossare la calottina azzurra del.. Setterosa!

Ringrazio con affetto Martina e Tania per l’intervista!

Questo il roster dell’Ekipe Orizzonte Catania! Brave ragazze!

Giulia Gorlero, Carolina Ioannou, Arianna Garibotti, Roberta Bianconi, Rosaria Aiello, Valeria Palmieri, Claudia Marletta, Sabrina Vander Sloot, Ilse Koolhaas, Isabella Riccioli, Roberta Santapaola, Aurora Condorelli, Dorotea Spampinato, Marta Giuffrida, Martina Casabianca, Morena Leone

( Foto di copertina Claudio Bosco.  Altre foto Aurora Puccio,Claudio Sacaccini, Andrea Staccioli.)

Aurora Puccio
About Aurora Puccio
Ciao! Sono Aurora la mia filosofia è invitare le persone a guardare le cose da angolazioni differenti, partendo dall'atteggiamento mentale con il quale si osserva una situazione. Lo sport è la mia più grande passione insieme ad altre forme artistiche come teatro e scrittura, che in questi articoli si intrecciano con armonia per darti degli spunti sull'allenamento mentale.
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2 comments
  • Silvia
    REPLY

    Mi viene in mente uno stupendo spot della Lacoste che termina col payoff “life is a beautiful sport”. Una visione che ritrovo anche in quest’articolo dove la grande protagonista mi sembra proprio la vita, con i suoi insegnamenti.
    Grazie agli atleti, che “ci prestano” le loro esperienze. Grazie Aurora, che ce le sai raccontare così bene.

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