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IL MOMENTO TOPICO DELLA PRESTAZIONE

IL MOMENTO TOPICO DELLA PRESTAZIONE

Racconto semiserio dei pensieri auto-sabotanti di un atleta nel momento topico  della prestazione.

di Aurora Puccio

Cos’hanno in comune una piscina, una pedana, un campo da tennis, uno da baseball  o un altro da basket?

In apparenza nulla. A partire dalle dimensioni e dalle regole del gioco. Ovviamente dalla tecnica dello sport praticato, passando dalla forma della struttura.

Infatti chi è rettangolare, chi quadrato. Addirittura uno di loro si da certe arie per essere a forma di diamante sottolineando la sua insolita unicità.

Eppure in un mondo abituato a separare le cose e ad aver paura della diversità,  lo sport, come la natura, ci ricorda che esiste sempre un legame in ciò che in apparenza crediamo sia separato.

Non ci credi? Seguimi…nel ragionamento

Esempio di un legame comune a tutti gli sport è la dura vita dei pensieri d’atleta vissuti nel momento topico di una gara importante. Quando dubbi, incertezze misto a voglia di vincere si mescolano in una tempesta di… permettimi di chiamarle con il loro nome: le famose e temute paranoie mentali a cui tutti gli atleti, nessuno escluso, fa ricorso.

Chi dice di non averli mai avuti e di non esserne affetto, mente spudoratamente.

Inutile perdere tempo a preoccuparsi degli avversari pensando che siano perfetti e impassibili. Nel frattempo anche loro stanno combattendo nella testa le stesse battaglie. Alcuni recitano molto bene la parte del più forte.  Tu devi sapere però che spesso sono delle maschere pirandelliane.

Soprattutto tu giovane atleta con i tuoi coetanei pensate che i grandi campioni siano esenti da questi film mentali. Adesso arriva la buona notizia. Cari ragazzi e ragazze, bambini e bambine state tranquilli. Anche i campioni partecipano a questo festival del cinema in cui gli attori protagonisti diventano i pensieri, più o meno motivanti, seguiti da quelli non protagonisti in genere provenienti dall’esterno. Ovviamente poi ci sono figuranti, comparse, attori corali di supporto. Insomma un vero e proprio set cinematografico dove a coordinare chi fa cosa e quando è il regista: ovvero la mente dell’atleta precisamente l’ambiente dove si consuma la tragedia sportiva.

Se la parola tragedia ti sembra esagerata sono d’accordo. Purtroppo però allo stato attuale è la più appropriata. Oggi ogni cosa viene ingigantita trasformandosi in una montagna, quando invece fa parte del percorso naturale della vita sportiva. Basterebbe accettarla per quella che è: un’esperienza. Dolorosa alle volte. Resta pur sempre un’esperienza.

Se la si osserva da questo punto di vista niente può scalfire il gioco interiore dove ferite profonde vengono trasformate in nuove consapevolezze. Esisterà sempre quella fase transitoria di apparente disperazione o dispiacere per l’errore o la sconfitta. Se mettiamo però sul piatto della bilancia il peso di un blocco che dura anni con una momentanea frustrazione di un giorno o una settimana, direi che la variabile più importante da considerare nel gioco interiore è il tempo.

Cioè la domanda da porti è la seguente:

In quanto tempo riesco a superare e trasformare un errore o una sconfitta in una nuova opportunità per migliorare me stesso?

Il tempo è il tuo metro di misura. Più sei veloce e pratico a rialzarti da una caduta apprendendo con rapidità la lezione, più nei momenti di crisi inevitabili durante una carriera, sarai più veloce a riprenderti. All’inizio costa fatica. Con la pratica diventerà facile dopo.

L’ANSIA DA PRESTAZIONE

Prendiamo ad esempio la famosa ansia da prestazione. Ma basta avercela con lei. Non è colpa sua. Lei svolge una funzione fondamentale: tenerti centrato nella performance. Certo non deve essere esagerata. Per questa ragione,  tutte le persone che ti stanno attorno dovrebbero darsi una calmata, piuttosto che entrare in ansia anche loro nutrendo la tua. Se la tua ansia potesse parlare manderebbe tutti a quel paese.

Lei è li che sta svolgendo il suo lavoro e già fatica a mantenersi nella giusta dose: ne troppa, ne poca.

Hai mai pensato quanto il problema dell’ansia, caro il mio atleta, in realtà non fosse esclusivamente tuo e invece fosse di chi ti gira intorno? Certo si tratta di persone inconsapevoli, le quali piuttosto che ammettere di esserne loro la concausa e con umiltà mettersi in discussione, delegano tutto il problema a te.

Adesso arriva la brutta notizia: non solo dovrai imparare a gestire la tua ansia personale. Dovrai tenere a bada pure quella degli altri. Lo so. Un’ingiustizia incredibile. Ricorda però che in ogni caso sei il solo responsabile di come ti approcci alle situazioni e purtroppo dovrai imparare a gestirti anche i problemi altrui che incidono sulla tua prestazione.

LE PARANOIE MENTALI

Adesso torniamo alle paranoie mentali e  prendiamo due atleti  a caso con nomi di fantasia ubicati in una qualsiasi città del mondo, in una non specifica epoca temporale. Età, colore della pelle, estrazione sociale o storia personale non sono essenziali per questo specifico obiettivo.  Loro sono Romeo e Juliet.

Come dici? ti ricorda qualcosa? Ma si ho appena detto che non importa. Vedi che subito la mente parte con le interconnessioni e incomincia a porre bastoni tra le  ruote🙂. Chi se ne frega  se Romeo e Juliet sono stati degli innamorati con una sfiga mortale, è il caso di dirlo. Smettila di trarre subito conclusioni affrettate basate sull’esperienza e apriti alla possibilità di curiosare in qualcosa di diverso e nuovo privo di filtri.

Dicevamo…immagina che al mondo ci siano due atleti: uno si chiama Romeo e l’altro Juliet. Oh!🙂

Adesso posso andare avanti? Perfetto.

C’era una volta, ah no scusa.  Cambiamo inizio 🙂

UN GIORNO QUALUNQUE

Un giorno qualunque durante una non precisata partita di importanza comunque vitale…Juliet parla a se stessa:

Meno cinque secondi alla sirena. Le mani tremano e devo tirare. Non ho molta scelta. Ecco l’ho fatto. Adesso se quella dannata palla da tre punti poggiasse delicatamente i suoi spicchi dentro la rete, mi risparmierebbe un infarto e la garanzia di un posto in panchina per il resto della mia vita.

Invece quell’ingrata, dove riverso  il mio amore tutti i giorni del calendario compresi Natale e Pasqua, saltando compleanni e matrimoni, continua a girare inutilmente attorno all’anello come il tamburo di una pistola nel gioco della roulette russa. 

La disgraziata finisce il suo giro di giostra.  Divertita si adagia sulla striscia bianca della lunetta, non prima di sottolinearmi per tre volte la sua impresa e fermarsi, con una finta aria di dispiacere, definitivamente davanti ai miei occhi certa che non possa sfuggire all’amara realtà. Io sono sfinita e crollo su me stessa. Con tutta la vita davanti che mi passa come un treno in corsa dopo aver perso l’opportunità di salire  all’ultima fermata.

Nel frattempo in un altro campo dall’altra parte del mondo…Romeo rimprovera se stesso:

Accidenti! Accidenti! Se durante il match point quel maledetto nastro una volta tanto avesse fatto il suo dovere e anziché arrendersi lasciando cadere la palla sul mio campo avesse opposto la giusta resistenza, non sarei adesso nascosto sotto un asciugamano che puzza del mio stesso sudore. Maledetti flash invadenti. Andate via. Non avete cuore e rispetto.  Cercate  ad ogni costo di immortalare la mia smorfia di dolore. Vorrei scomparire. Cacciare la testa sotto la sabbia…come gli struzzi. Invece dovrò pure affrontare quell’inutile conferenza stampa.

Tutti bravi a giudicare da fuori. Vorrei vedere voi al posto mio. Tutti pronti ad applaudirmi se vinco, a strisciare vicino alle corde rotte della mia racchetta. A osannarmi e poi, nel momento in cui avrei bisogno di comprensione, come squali siete pronti ad azzannarmi per attirare con il mio sangue la polemica curiosità  in nome dell’audience.  Molte delle persone che parlano non hanno mai visto una palla di tennis. Eppure si sentono nel diritto di criticare e di giudicarmi. All’improvviso tutti sono diventati esperti del dritto e del rovescio a due mani. Certo che ormai è cosi facile auto-definirsi esperto in qualsiasi cosa. 

Romeo e Juliet lontani l’uno dall’altro stanno facendo i conti con il momento successivo a quello topico. Purtroppo quando va male mai nessuno si accorge delle cose buone fatte perché è più facile ricordare quelle non fatte.

Se, se,  e ancora se. Potrei continuare l’elenco per ogni dannatissimo sport. Non importa. Esiste un momento comune nella vita di tutti gli atleti che può decretare le sorti persino di un’intera carriera. E non esagero quando lo dico.

Se tutto va bene non sto neanche qui a raccontarlo. Pacche sulle spalle, promesse, onori, ecc. ecc. Tutte robe di una noia mortale e scontate. Inutile perderci tempo a scriverci sopra. Pertanto passerò alla fase più interessante: il  caso in cui disgraziatamente tutto va storto e neanche una cosa di quello che avevi pensato si avvera.

Se tutto va a finire male, per anni l’atleta resta imprigionato, bloccato nel ricordo di quella dannatissima sconfitta pronta a ritornare in mente tutte le volte. Anche quando non si vuole. Come la pulce nell’orecchio, si insinua per minare l’auto-efficacia e a quel punto deve decidere cosa farne di questo triste ricordo. O dargli il potere assoluto devastante, oppure nella sua disumanità, prenderla con gentilezza e trasformarla in nuova energia per la prossima battaglia.

IL MOMENTO TOPICO DELLA PRESTAZIONE

Tutti gli atleti hanno il loro momento topico. Nessuno escluso. Fortunato colui che è responsabile del proprio destino. Perché se poco poco gioca in una squadra dovrà fare pure i conti con quelle belve incavolate dei compagni. Come se nessuno di loro avesse mai sbagliato. Al momento tralascio le reazioni degli allenatori frustrati per essere stati a un passo dalla propria gloria e invece tu atleta insensibile hai rovinato tutti i suoi piani.

Li hai già vissuti questi momenti. Ogni volta che se ne presenta uno scatta in automatico il solito film più o meno in questo modo.

SVOLGIMENTO DEL FILM DAL TITOLO: PARANOIE MENTALI DELL’ATLETA

Allora sei li, nel tuo momento topico dove per auto-motivarti ricorri al più banale degli slogan poco credibili: il famoso dai che ce la fai detto più per consuetudine sportiva che per reale convinzione.

Del resto qualcosa te la devi  pur dire.

A un tratto ti dai pure dello stupido per non esserti letto quel manuale di self-help tanto in voga. Magari qualche altra diavoleria diversa e più convincente del dai che ce la fai forse saltava fuori.

Ormai è tardi. Non hai neanche il tuo fedele GOOGLE da consultare o lo Youtuber di turno che possa aiutarti con il super tutorial passo passo dal titolo: come superare in un nano secondo quantistico il tuo momento topico e vivere felici.

Una volta che ti sei detto dai che ce la fai riaccedi alla tua memoria storica alla ricerca di altre frasi motivanti.

A un certo punto però il sospetto che te la stia raccontando da solo ti nasce dentro. Inizi a notare disgraziatamente che le parole in realtà sono auto-sabotanti. Il regista del film di cui sopra, si accorge di essere anche l’attore protagonista e continua a sparare frasi senza senso, a caso, per sentito dire o perché quel campione famoso dice di far così. In preda alla disperazione ti aggrappi anche a quest’ultima stupidaggine sperando che per interconnessione planetaria funzioni anche per te.

Ormai sei in preda a una trance agonistica spirituale. Hai esaurito tutte le tue cartucce quando in quell’istante speri nell’aiuto da casa e dal pubblico riversando nella comprensione dei tuoi tifosi, amici, parenti e nei tuoi inseparabili compagni di squadra, l’ultima possibilità per superare il momento difficile.

Soprattutto lui… il tuo allenatore.

Presto accontentato ti arrivano una serie di frasi di questo tipo urlati a gran voce per essere certi che ti si infilano dentro il cervello tra un neurone addormentato e l’altro che fa il lavoro sporco per due. Il terzo  non c’è più. Te lo sei già bruciato nel precedente momento topico.

Tornando alle nostre frasi eccole:

  • Non mollareeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee mai!
  • Dai che è importante!!!
  • Contiamo tutti su di te
  • Non ci deludere o ti aspettiamo fuori
  • Forza con quella palla altrimenti l’unica sedia che vedrai per il resto dei tuoi giorni sarà quella a forma di panchina

Ho reso l’idea?Forse un po’ troppo colorita e non credo di essere tanto distante dalla realtà.

Torniamo al nostro momento topico.

Tu sei li che non sai più come asciugare le gocce del tuo sudore che incominciano a confondersi con le lacrime. Non sai più se ridere per sdrammatizzare o  piangere. Stai facendo una fatica boia a mantenere alta la concentrazione e la calma con tutte le tue super frasi demotivanti e una volta nella vita  sogni di poterti girare  verso di loro e rispondere: Oh…grazie per la fiducia!!!

SPIEGAZIONI DELLE FRASI DE-MOTIVANTI 

Adesso con quello che sto per dirti grazie alla bile del tuo fegato assomiglierai all’incredibile Hulk e non per i muscoli…  e ti strapperesti volentieri anche  i vestiti dalla rabbia.

Incredibile Hulk, Supereroe, Verde, Strong, Forza

Cominciamo dalla prima frase.

  • Non mollare mai

Anni passati a soffrire nei campi per poi scoprire che linguisticamente parlando il nostro cervello il “non” non gliene può fregar di meno. Lo cancella perché non ha il senso dell’humor. Per cui decodifica il comando con “Molla!” Anni e secoli che all’atleta di ogni parte del globo terrestre viene mandato inconsciamente l’input di mollare. Potrai obiettare che ha funzionato. Dipende.

Hai idea di quanta energia preziosa deve sprecare il cervello per decodificare una frase con un comando errato e poter inviare i giusti input al corpo per eseguire il gesto tecnico? Hai idea di quanti comandi errati tutti giorni vengono mandati agli atleti durante gli allenamenti esprimendo i concetti sempre e solo in negativo? Costa fatica anziché dire non mollare frasi del tipo: Crediamo in te e hai la forza per resistere? Come ti suona…senti il tuo corpo che ti dice “era ora”?

Siamo tutti allenati a pensare solo in termini negativi e ci esprimiamo di conseguenza senza pensare che le parole programmano il contenuto delle credenze subinconsce; vere responsabili della buona o cattiva funzione di un gesto tecnico.

Ma andiamo avanti se pensi che questo sia il peggio ancora non ho finito.

Passiamo alla seconda:

  • Dai che è importante!!

Se l’atleta potesse rispondere in tempo reale, ecco cosa potrebbe dire:

Scusa fino a prova contraria so già da me che sono nella merda fino al collo. Ho l’ansia padrona del mio corpo e voi cosa fate? Mettete ancora legna sul fuoco?Insensibili.

E se non fosse stato importante secondo voi stavo qui a sudare sette camice e farmi tutte queste paranoie mentali?Altrimenti sarei rimasto chiuso in casa a giocare alla play station. Allora fatevi i fatti vostri che è meglio.

Ma passiamo alla terza e alla quarta

  • Contiamo tutti su di te… non ci deludere.

Sono cose che si dicono in un momento topico? Cosa ne sapete del corto circuito che scatenate  tra i fili precari del cervello nel momento in cui le parole giungono come sberle?

L'allenatore nel pallone (1984)-Curiosità - storiedicinemastoriedicinemaE quando credi che tutto il repertorio sia finito arriva sempre una perla di saggezza da parte del tuo allenatore. Colui che più di tutti dovrebbe conoscerti e avere fiducia in te. Da lui ti aspetti quelle parole che dovrebbero motivarti e invece ti lasciano cadere nel baratro più totale. In un tunnel dove non si intravede neppure uno spiraglio di luce.

Nella sua testa inconsapevole pensa che dicendoti una cattiveria, insultandoti, facendoti sentire un super-verme indegno di indossare quella maglia, tu ti arrabbi e spacchi il mondo. Dipende. Noi atleti siamo mica tutti uguali sapete? C’è chi piace essere insultato c’è invece che ha bisogno di sentire la fiducia non nelle parole ma nei gesti, negli sguardi. Di essere rassicurato che dovrà mettercela tutta.

E già sai, e qui si arriva all’ultima frase, di preparare il tuo delicato fondoschiena ad accomodarsi velocemente nel posto più odiato da qualsiasi atleta al mondo: la panchina.

Ragazza, Medaglia, Felice, Sport, Vincitore, PrideOrmai hai toccato il fondo. Il tuo cuore però ti ricorda che hai ancora un ultima chance: i tuoi genitori. Il porto sicuro. Coloro che ti vogliono bene. Troppo. Così tanto da aver riversato su di te la frustrazione dei loro sogni mancati.

Sei il loro trofeo da esibire sui social, il vanto con amici e parenti. Soprattutto sei l’arma segreta da mostrare agli altri genitori con i quali possono argomentare solo se ottieni dei risultati evidenti.

Trascini i tuoi piedi e le tue membra in macchina certo che solo loro possono capirti quando a turno iniziano a imprecare su di te per esserti permesso di sbagliare, di non fare il risultato che loro si aspettavano.

Iniziano a sciolinare tutti i problemi creati. Cosa diranno agli altri parenti? Con che coraggio potranno affrontare gli altri genitori? Già li vedono  a sparlare alle spalle felici del loro insuccesso. Capisci la tragedia?

Ma soprattutto cosa scriveranno sui social? Non potranno pubblicare nessuna foto di gloria per vantarsi di se stessi,  e soddisfare la loro frustrazione egoica.

Mi viene in  mente la storia del nuotatore Gregorio Paltrinieri che ho già raccontato in un audio-storia dal titolo La paura di vincere.

Leggendo il suo libro ho appreso un rovescio della medaglia incredibile fatta di aspettative sia personali sia esterne. La medaglia più sicura e scontata dei Giochi Olimpici di Rio 2016 il cui peso ha impedito al protagonista di godersi il viaggio nel sogno più bello per uno sportivo: l’Olimpiade. Una storia che racconto spesso ai miei atleti per far comprendere loro quanto il viaggio sia più importante della meta.

Potresti controbattermi dicendo che comunque ha sempre vinto una medaglia. E cosa te ne fai di una vittoria quando non puoi godertela nel profondo della tua anima a causa del peso da sopportare? Cosa te ne fai di avere la testa sempre e solo sul risultato quando la vita nel frattempo ti scorre davanti senza goderti e imparare dalle tappe belle e brutte per raggiungerlo?

DIFENDI IL TUO DIAMANTE INTERIORE

Caro il mio atleta prenditi cura del tuo gioco interiore altrimenti sarai in balia degli eventi. Difendi i tuoi sogni e accertati che siano i tuoi e non di altri. Difendi il tuo diamante interiore e allenalo perché l’unica comprensione che avrai quando sbaglierai sarai quella che tu potrai dare a te stesso.

Sapendo che da quella sconfitta, da quel tiro sbagliato non dipende tutta la tua vita. Si tratta solo di un’esperienza. Un’esperienza che ti avrà insegnato qualcosa di importante e utile per te in quel momento.

  • Tu non sei quel risultato.
  • Tu non sei il voto che ti danno a scuola.

Tu sei molto di più di tutto questo e se sarai in grado di riconoscere sempre il tuo valore nessuno potrà intaccare il tuo gioco interiore con etichette pre-confenzionate.

Evita di cadere nei tranelli di occasioni mancate. Se un sogno si trova lungo il tuo destino farà in modo di farsi riconoscere. Sarà lui a bussare alla tua porta e tu dovrai scegliere se inseguirlo oppure lasciarlo ammuffire in un cassetto senza neanche provarci.

Non avere fretta di arrivare. Ogni cosa arriva nel solo momento in cui dovrà accadere: ne prima, ne dopo.

Ascolta il tuo cuore e comprendi con gentilezza chi ti sta attorno: loro non sanno quello che fanno e ciò…che dicono.

Buon allenamento!

un abbraccio

Aurora

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Aurora

(foto pixabay CC BY SA)

 

Aurora Puccio
About Aurora Puccio
Ciao! Sono Aurora la mia filosofia è invitare le persone a guardare le cose da angolazioni differenti, partendo dall'atteggiamento mentale con il quale si osserva una situazione. Lo sport è la mia più grande passione insieme ad altre forme artistiche come teatro e scrittura, che in questi articoli si intrecciano con armonia per darti degli spunti sull'allenamento mentale.
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